Durante lo scorso mese di agosto e nei primi giorni di settembre si sono avuti, principalmente con la circolare A.d.E. 23/E (già oggetto della nostra circolare 07), diversi chiarimenti inerenti il c.d. Decreto Lavoro e la sua conversione in legge.
Il testo del Decreto Lavoro, riconfermato dalla Legge di Conversione, prevede testualmente che: “……non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di euro 3.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli….”
Tale enunciazione faceva quindi propendere per un’applicazione della norma limitata ai soli lavoratori con reddito da lavoro dipendente, escludendo i percettori di altri tipi di reddito.
L’Agenzia delle Entrate è intervenuta, invece, allargando la platea dei soggetti che possono accedere all’agevolazione fiscale, includendo anche i percettori di reddito assimilato a quello dipendente tra i possibili beneficiari della deduzione.
Pertanto, oltre ai dipendenti, anche i collaboratori coordinati (Co.Co.Co.), gli stagisti e gli amministratori di società, aventi le medesime caratteristiche soggettive richieste ai lavoratori dipendenti, possono presentare all’azienda la dichiarazione necessaria per avere diritto alla deduzione dal reddito imponibile dei fringe benefits percepiti nel 2023, fino alla somma di Euro 3.000,00.
Approfittiamo per ricordare alcuni punti salienti della norma:
- tutti i lavoratori interessati devono presentare la dichiarazione (lo studio ha inviato un fac-simile con la circolare 07/2023 dello scorso mese di agosto) altrimenti il datore di lavoro non può applicare la norma, anche se a conoscenza dei carichi di famiglia dei lavoratori;
- la misura non riguarda solo le bollette dell’energia elettrica, riscaldamento e acqua (si sente spesso parlare impropriamente di “bonus bollette”, che nulla ha a che vedere con la norma in discorso), ma qualsiasi fringe benefit (bene o servizio fornito dall’azienda al lavoratore) come ad esempio il fringe benefits dell’auto in uso promiscuo oppure dell’alloggio concesso in uso al lavoratore.
- diversamente dai contratti di welfare, la normativa in esame non prevede la concessione del fringe a tutti i lavoratori dell’azienda o a categorie omogenee di essi, ma può anche essere concesso ad personam.
- la somma di Euro 3.000,00 costituisce una soglia: il superamento di tale importo, anche per un solo Euro, comporta l’imposizione sul totale e non solo sulla parte eccedente;
- nel caso si intenda rimborsare bollette di fornitura delle utenze domestiche, la singola bolletta può essere rimborsata una sola volta. Se ad esempio due coniugi con figli a carico rendono la dichiarazione ai propri datori di lavoro per ottenere l’agevolazione, una bolletta relativa alla loro abitazione potrà essere presentata al rimborso solamente da uno dei due e non da entrambi;
- le aziende che applicano il CCNL Metalmeccanica Industria o altri CCNL che prevedano welfare contrattuale o flexible benefit (Euro 200,00 annui nel caso della metalmeccanica), devono prestare attenzione al superamento della soglia prevista dalla normativa, in quanto queste somme rientrano nel computo, portando quindi di fatto l’importo erogabile, oltre al welfare contrattuale, ad Euro 2.800,00 annui;
- come già indicato nella nostra circolare precedente, il c.d. Bonus Carburante, pari ad Euro 200,00 erogabili in buoni benzina e non assoggettati ad imposta (ma assoggettati a contribuzione INPS), sono ulteriori rispetto alla soglia oggetto del Decreto Lavoro e perciò la loro concessione non influisce sul superamento dei 3.000,00 Euro.
- alcuni clienti, sollecitati dai dipendenti che si informano sui vari siti internet o sui social media, ci hanno chiesto se effettivamente gli importi erogati dalle aziende quali fringe benefits o rimborsi bollette, vengano poi restituiti alle aziende stesse dallo Stato, magari tramite compensazione in F24. La risposta, ovviamente, è un deciso e risoluto NO!
Tutte queste misure, come molte altre intervenute negli anni scorsi, non prevedono alcun intervento statale, ma restano a carico delle singole aziende, che possono porle in essere in maniera volontaria, sostenendone il costo.
Il “sacrificio” dello Stato, in questi casi, è la rinuncia all’imposizione fiscale e, quindi, al gettito nelle casse dell’erario delle imposte che avrebbero dovuto essere versate su queste somme.