Già nelle bozze della Legge di conversione del DL 34/2020 (Rilancio), circolate nelle settimane scorse, e in quella approvata alla Camera qualche giorno fa, era presente un’aggiunta, poche righe soltanto, all’articolo 93.
Si sperava che il passaggio in senato facesse riflettere e portasse ad un dietro front, cosa che non è accaduta.
Si tratta di poche righe, passate in sordina anche all’esame dei media, che si sono concentrati più su bonus e facilitazioni, che però avranno un impatto di non poco conto sulle aziende, che già non stanno attraversando un periodo tra i migliori.
Infatti, come ormai sembra essere costume negli ultimi anni, il legislatore da una parte (sembra) preoccuparsi di dare bonus, concedere incentivi, semplificare procedure, mentre dall’altra, come un buon prestigiatore, chiede balzelli, introduce nuovi adempimenti e si riprende più di quello che ha dato (sempre che lo abbia fatto).
Infatti il comma 1-bis aggiunto all’articolo 93 del decreto rilancio prevede quanto segue:
“Il termine dei contratti di lavoro degli apprendisti di cui agli articoli 43 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19″
Il dettato normativo, come ormai d’abitudine, si presta a molteplici interpretazioni ma, in attesa dei dovuti chiarimenti da parte delle istituzioni, il senso letterale della norma sembra stabilire d’imperio il prolungamento automatico dei rapporti di lavoro a termine, includendo l’apprendistato e la somministrazione, di un periodo pari a quello della sospensione dovuta al Covid.
Se effettivamente venisse confermata questa interpretazione, quindi un obbligo di legge sul prolungamento dei rapporti a termine, resterebbe tutta una serie di dubbi interpretativi, che le istituzioni dovrebbero affrettarsi a chiarire, quali: la norma vale anche per i rapporti già terminati in costanza di emergenza Covid, e quindi l’obbligo di riassumere i lavoratori cessati per il periodo previsto dalla norma? Con sospensione ci si riferisce solo al lock-down, quindi solo alle aziende che hanno effettivamente chiuso sospendendo l’attività dei lavoratori, oppure ai periodi di intervento degli ammortizzatori sociali? In tale ultimo caso si intende periodi autorizzati o goduti? Per il singolo lavoratore o a livello aziendale?
Tutto questa arriva dopo il “caso” della Cassa Integrazione in Deroga, che ha visto migliaia di domande bocciate da INPS per un conflitto di interpretazione con le regioni, e che ha di fatto ritardato la procedura di quasi 3 settimane, periodo entro il quale, in teoria, l’ente avrebbe dovuto approvare e pagare l’acconto ai lavoratori.
La sensazione è ormai quella di un paese allo sbando, dove le istituzioni, sempre più distaccate da quella che è la reale situazione di lavoratori, famiglie e aziende, procedono come un bulldozer privo di guida in un negozio di ceramiche, a colpi di norme di legge populiste e difficilmente conciliabili ed attuabili nell’attuale situazione del paese.